Cari adulti, il gioco non è un gioco!
È un sabato mattina come tanti ed esco a bere un caffè prima di iniziare le mille commissioni in arretrato.
Entro nel bar e riconosco i bellissimi riccioli di una bambina che ho incontrato in una scuola dell’infanzia nel percorso di psicomotricità.
R., 4 anni, mi saluta con la manina e poi si avvicina con la mamma, la quale mi racconta che la figlia da quando ha fatto psicomotricità ripete spesso i giochi che ha fatto in stanza magica. Lo riporta un po’ preoccupata. Le chiedo allora cosa la spaventi e lei mi dice che il gioco è sempre lo stesso. Mi dice poi che la bambina parla di un certo “Pit-stop” e che R. sottolinea sempre che non è un castigo ma un posto dove aggiustare il corpo quando perde il controllo.
Da qui è nato il mio desiderio di voler condividere con voi lettori due riflessioni.
In primis è importante ricordare che nessun gioco del bambino è senza senso; dietro ogni suo gioco, scelta e azione c’è un bisogno del bambino. Il gioco del bambino è sempre connesso all’aspetto emotivo, anche se a volte il nesso è difficile da scorgere.
Vi faccio un esempio: tutti noi adulti siamo molto spaventati dai bambini vicini alle prese elettriche perché, pur essendo tutto a norma, amano infilarci le ditina. Sembra cerchino le fessure più piccole (e a volte più pericolose) per metterci il dito. Ebbene, dietro a quest’azione, che per loro è un gioco a tutti gli effetti, vi è un bambino che mostra il desiderio e il piacere di conoscere l’ignoto (la cavità); questo è connesso al bisogno di avere un dominio sul mondo circostante con l’occupazione dello spazio, penetrandolo.
Vi faccio un altro esempio: il giro tondo che i bambini fanno con tanta gioia. Quello che a loro piace non è tanto il girare quanto il cadere, il piacere del girare veloce è per velocizzare il momento della caduta. Ebbene, dietro a quella caduta vi è il bisogno del bambino di ritrovarsi integro e intatto dopo la caduta; questo contribuisce allo sviluppo dell’autostima, allo sviluppo della percezione di sé, alla fiducia nel suo corpo e nella sua motricità.
Pensate poi, per esempio, a quando i bambini giocano a fare la maestra, rappresentandola spesso come cattiva, che corregge tutti i compiti con la penna rossa e da voti tremendi a tutti. Se li vedete fare questo gioco, tranquilli, non stanno riproducendo la realtà ma stanno cercando di sperimentare il potere e di “masticare” emozioni intense come la paura o l’ansia, che possono essere connesse alla richiesta scolastica o dell’adulto.
R. ha riportato a casa il gioco del Pit-Stop, uno spazio che ho ripreso dal cartone Cars dove le macchinine si fermano per sostituire le gomme o aggiustare qualche pezzo rotto.
In modo parallelo, creo in stanza magica questo spazio per offrire ai bambini la possibilità di riappropriarsi del controllo del loro corpo a fronte di vissuti emotivi troppo intensi, senza sviluppare un senso di colpa. Per i bambini non è un castigo, ma un’opportunità. Il senso della proposta è di offrire un’esperienza di contenimento fisico ed emotivo ai bambini.
L’indicazione di fermarsi e andare in Pit-Stop è in genere fornita da me, ma, se questa esperienza è riconosciuta sia dai bambini che dagli adulti come un’ opportunità e non un castigo, i bambini iniziano a ricercarla volontariamente quando si sentono sopraffatti dalle emozioni.
I bambini hanno bisogno di un contenimento costante perché è quello che gli permette di stare bene. Nel quotidiano questo è traducibile in regole precise, chiare e mai ambigue o poco credibili.
Per restituire dignità al gioco, mi permetto di dare due indicazioni per i genitori.
Poiché abbiamo compreso che qualsiasi gioco viene fatto dal bambino per un motivo preciso, è importante avere rispetto di questa attività che è il mezzo attraverso il quale i bambini ci parlano di loro e del loro mondo interno.
A questo proposito, aggiungo la raccomandazione di avvisare i bambini poco prima della richiesta di mettere via i giochi. Frequenti sono i genitori che mi dicono che devono richiamare più volte i bambini e urlare per mandarli a lavarsi le mani per la cena.
La chiusura del gioco per i bambini vuol dire sospendere un’attività gratificante a livello emotivo in cui stanno sperimentando una parte di sé. Ecco perché, magari, quando buttiamo la pasta e sappiamo che poco dopo sarà pronta la cena è meglio iniziare ad avvisarli che da lì a poco dovranno riordinare. Scadenziamogli i tempi, ovviamente parlando di piccoli tempi (ricordatevi che per i bambini le ore sono tempi indefiniti e che i minutini sono meno dei minuti!).
Non spaventatevi davanti a bambini che fanno sempre gli stessi giochi, poiché è probabile che essi rispondano a dei loro precisi bisogni emotivi.
Osservate però che questi giochi non siano svolti con estrema rigidità (sempre la stessa sequenza di azioni) e che sia un gioco che non isola il bambino dal mondo esterno; ad esempio, se lo chiamate dovrebbe rispondervi o guardarvi (escluso il caso di videogiochi e TV, peri quali è necessario un discorso a parte!).
Detto tutto questo, per una volta prendetevi del tempo per osservare i vostri bambini e lasciatevi stupire dai mondi sconosciuti in cui il loro gioco vi porta.
Buon gioco a tutti!
Dott.ssa Ilenia Rizza