Ilenia Rizza

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Bacheche di Facebook e Instagram piene di cibo. La parola “Ricetta” è fra quelle più cercate su Google. Supermercati svuotati da lievito, farina, uova e zucchero.

Tanti adulti mi stanno riferendo di “avere più bisogno di mangiare” in questi giorni. Stessa cosa i bambini, che sono in continuo a chiedere caramelle, biscotti, dolci durante la giornata, oppure semplicemente “fra quanto si mangia?”.

Sia per adulti che per bambini, il cibo è talvolta usato come riempitivo della noia, frustrazione o anche tristezza. In linguaggio tecnico si parla di “emotional eating”, ovvero nutrizione emotiva.

Questo concetto è rinforzato, già in tenera età, dal comportamento errato di alcuni adulti che tendono ad associare, spesso senza rendersene conto, il consumo di cibo ad un proprio vissuto emotivo difficile da gestire. In altre parole, il cibo diventa uno strumento di consolazione per far fronte a sensazioni o emozioni spiacevoli. Spesso, si tratta di fatiche, difficoltà che vengono da lontano, da anni addietro, delle quali nella maggior parte dei casi gli adulti non sono nemmeno più consapevoli. Si pensi a quando dopo una giornata faticosa si propone al bambino: “andiamo a mangiare un gelato così ti tira su il morale” oppure alla frase “se fai il bravo poi ti do il dolce”

Già da piccoli alcuni bambini riferiscono di mangiare non tanto per bisogno fisiologico quanto durante uno stto d’animo particolare, un’emozione troppo intensa.

In questi giorni in cui siamo a casa, ma in realtà dovrebbe essere una regola generale, aiutiamoci e aiutiamo anche i più piccoli a vivere in modo corretto il rapporto con il cibo.

Ricordiamoci che spesso dietro alla loro domanda “fra quanto si mangia?” non vi un reale bisogno di cibo, bensì una richiesta di conferma di una routine. Il cibo, infatti, rappresenta normalmente un appuntamento fisso nella giornata, che ne scandisce i tempi.

E sappiamo che i bambini hanno bisogno di alcune routine per sentirsi rassicurati. Come adulti e come genitori dovremmo provare ad ascoltare il nostro corpo per capire se il desiderio di mangiare è realmente un bisogno fisiologico o se è solo un riempitivo, una rassicurazione, una consolazione.

Nel caso dei bambini, dobbiamo aiutarli un po’ in questo. Intanto, cercando di non instaurare né cristallizzare delle associazioni routinarie del tipo sensazione-cibo, emozione-cibo, stato d’animo-cibo. Al contrario, cerchiamo di instaurare soltanto routine virtuose, del tipo fame vera-cibo e condivisione-cibo. Per far ciò, il cibo deve innanzitutto avere i suoi momenti dedicati e non essere disponibile in qualsiasi momento e a qualsiasi richiesta. E poi, i momenti dedicati al cibo dovrebbero essere strutturati in modo da essere insieme per condividerli: durante la preparazione dei cibi, nella scoperta di vecchie ricette, nella scelta degli ingredienti più opportuni e infine nella consumazione del cibo preparato. Viviamo, insomma, quanto più possibile i momenti del cibo anche come una buona occasione per stare insieme e condividere. Buon appetito!

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